Tristano muore


Nella dimensione onirica tra sonno, morte e morfina, non è facile tirare le somme di una vita: già sarebbe difficile raccontarne la catena dei fatti; dare un senso a ciascuno di essi sembra poi quasi impossibile. In punto di morte, Tristano trascorre il suo ultimo mese di vita a narrare le proprie vicende e memorie ad uno scrittore chiamato appositamente al suo capezzale. Una vita da eroe della patria, a quanto pare, ma cosa resta alla fine? 
La storia di un uomo ma anche la storia di un secolo, ripercorsa attraverso luoghi eventi donne e citazioni per palati fini. Un Tabucchi elevatissimo che non cede mai alla tentazione della retorica, dipinge paesaggi mantenendo viva la tensione narrativa e scende negli anfratti più oscuri dell'anima -in salute e in malattia- ed è capace di uscirne incontaminato. Prelibata e riuscitissima la commistione fra il protagonista, il narratore morente, lo scrittore e il lettore: chi testimonia per il testimone? Il dibattito è aperto su tutto, non si salva niente, e una pagina dopo l'altra crollano i miti di una vita e del Novecento.
Con la cattiveria della vecchiaia e il cinismo di chi ha vissuto tutto e tutto sta per lasciare, il vecchio Tristano mette a nudo gli errori di un secolo, ma è in ritardo per pentirsi dei propri, senza giudizio né necessità di assoluzione. Nessun commento dogmatico su Storia né storie, poiché la narrazione è essa stessa interpretazione: chiedere ad uno scrittore di pubblicare la propria vita vuol dire lasciare ai posteri l'onere della sentenza. Illusi noi che lo consideriamo un onore e continuiamo ad accorrere al suo capezzale.

Consigliato a chi non teme di mettersi in discussione.

Tristano muore
Antonio Tabucchi
Feltrinelli
Milano 2004
162 pagine

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