Foravìa


Tre racconti, tre storie qualunque farcite di dettagli quotidiani e apparentemente banali. In realtà scavano buchi avanti e indietro nel tempo, da un luogo all'altro, attraverso sensazioni appuntite. Ci lasciano un senso di stupore e commozione profonda, ci toccano corde sconosciute e vergognose, è una catarsi delicatissima.
La piccola raccolta prende il nome dal primo racconto, una lunga lettera che narra un episodio ai limiti dell'assurdo: l'autore-protagonista sbaglia strada nel cuore di un bosco, passando così una notte surreale in cui tutto si rovescia. Il foravìa è dunque un fuori programma, una deviazione più o meno imprevista dalla corrente placida dell'ordinario; per taluni è un diversivo piacevole, per altri l'unico modo di vincere la pigrizia esistenzialista del quotidiano.
Il linguaggio metafisico e paranoico trasporta su un piano elevatissimo e di non comune fruizione quello che è il concetto fondamentale, innalzato sulla torre d'avorio nonostante la sua semplicità: sono le casualità e le deviazioni che determinano la meta. L'accidente categorizza l'ente, per dirla in modo difficile. Non è da tutti cogliere queste riflessioni nel trambusto quotidiano; Voltolini ce le restituisce invece in modi impensati: davanti una vetrina di formaggi, per esempio, o parlando con un ragno, o in una sala d'attesa in ospedale. Egli si avvale della sua acuta sensibilità di italiano 2.0, che si snoda attraverso sospetto, rispetto e solidarietà, e nasce dalla curiosità e dalla ricerca -o bisogno- del foravìa.

Consigliato a chi ha un perfetto senso dell'orientamento.

Foravìa
Dario Voltolini
Canguri Feltrinelli
Milano 2010
93 pagine

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